Title of publication: To the wound
Name of artist: Sofia Bucci, Pierangelo Laterza, Aminta Pierri
Design: Sofia Bucci, Pierangelo Laterza, Aminta Pierri
Editor: self publish
Publication date: January 2014
Place of publication: Rome, Italy
Edition size: 150 Copies
Format: Softcover, Handmade stitch binding,
Size: 14.8 cm x 21.0 cm
Number of pages: 28
Type of printing: Digital
Type of paper: Cover: 200 gr XPer Paper Fedrigoni, Inside: 120 gr XPer Paper Fedrigoni
Name of printer: Tipografia Eurosia, Rome
Number of pictures: 26
For info: info@pierangelolaterza.com
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“To the wound”, alla ferita: è una dedica. La ferita, frutto di un naufragio, di una dimensione onirica e di un impeto dionisiaco in spazi e distanze che chiedevano di essere nuovamente colmate.
“To the wound”, verso la ferita. L’incontro con il dolore, l’incontro col passato e con l’inconscio visionario. La ferità che è ora ciò che ci ha reso diversi e che ci rende chi siamo."To the wound" is a dedication.
The wound, the result of a shipwreck, of a dreamlike dimension and of a Dionysiac impetus into spaces and distances demanded to be re-filled.
"To the wound", towards the wound.
A join with the pain, the encounter with the past and with the visionary unconscious. The wound that now is what made us different and what makes us who we are.
Alla ferita. Non quella della carne, che incide anche lo strato più superficiale della pelle, che è impossibile nascondere, che forse il tempo può rimarginare. Ad un segno più profondo e psicologico sono dedicati gli scatti di Pierangelo Laterza: sei fotografie, sei occasioni per tornare a contatto con un sentimento di paura ed esorcizzarlo attraverso l'arte.
L'acqua, elemento primordiale, simbolo della vita e della purificazione, mostra ora il suo lato oscuro. Tutt'altro che sereno e rassicurante, questo mare ci immerge in abissi che temiamo, ma che allo stesso modo vorremmo conoscere, vorremmo esplorare, sentire, vivere. La fotografia diviene così lo strumento, la possibilità per indagare quel mare che pare respingerci minaccioso.
E' un mare violento e ferito, mortificato da cicatrici che tagliano l'acqua. Allora cosa nasconde questa ferita? Che non sia forse l'eco di una lesione interiore che ci ha marcati in qualche modo, o il segno di una paura innata e irrazionale? O semplicemente questo taglio non potrebbe incarnare una metafora della vita? Si, perchè come per l'uomo, di questo mare cupo e agitato riusciamo a guardare solamente la superficie, quello strato che separa il nostro mondo dalle sue profondità.
Nelle prime fotografie è proprio lo strato più visibile ad essere indagato attraverso l'obbiettivo fotografico. Una natura quasi indomabile e vittima allo stesso tempo viene messa a nudo, una natura “sublime” che lascia percepire il disagio dell'impotenza umana di fronte alla sua grandezza. Eppure, nonostante il sentimento di timore che questi scatti ci comunicano, il nostro occhio non può fare a meno di desiderare un contatto, forse perchè il turbamento ci seduce sottilmente e si insidia in quella nostra costante ricerca di un fremito, anche di paura purchè ci faccia sussultare un momento.
La natura terribile di questo mare ci spaventa e ci nutre, ci respinge e ci riporta fra le sue fredde braccia, cela il suo mondo e poi subito ce lo svela concedendosi un bagliore inaspettato.
Nelle ultime immagini le acque più profonde, prima solo immaginabili, ora si liberano e si mostrano come una sperata salvezza, nel precario equilibrio tra il silenzio dell'abisso e l'eloquenza della luce. La paura in un istante si affievolisce per lasciar spazio alla conoscenza, alla scoperta che quel mare così segreto ed ostile in fondo può essere affrontato, che la luce è rinascita anche nel più profondo dei luoghi che questa terra si preoccupa di occultare.
Non c'è suono o rumore, non c'è presenza umana se non quella del fotografo che ruba l'immagine, non c'è traccia di vita se non quella dell'acqua stessa. Tuttavia, in questi sei scatti dedicati all'acqua Pierangelo Laterza riesce a scatenare un mondo interiore, che varia dalle esperienze personali di chi osserva. Comune a tutti, però, c'è un'emozione che forse, alla fine, nessuno di noi sa definire con le parole giuste. Paura, angoscia, attrazione, memoria, inquietudine, tutto ci riporta ai piedi di una natura che, in un modo o nell'altro, ci determina.
Lea Ficca