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Uno skyline industriale incombe su Taranto da qualsiasi angolazione visiva e mentale la si guardi.

Fumo e polvere e sostanze inquinanti si sono sparse per oltre cinquant’anni su una città condotta a forza verso una presunta “vocazione industriale” ma in realtà con ben altre, e sempre più invisibili, vocazioni al mare, alla terra, al turismo.
Acqua e petrolio, campagna e acciaio, colonne doriche e cemento, non convivono in questa città del sud Italia.

E non convive più neanche l’assurda alternativa tra lavoro e salute.
Sansavenir, si legge su un muro che divide l'Ilva dalla città che le sta intorno.
Queste immagini parlano di quello che le sta intorno.

Il nome "sansavenir" viene da una scritta sul muro che circonda l'Ilva, nel tratto di strada che porta al quartiere Tamburi, la parte della città che più risente dell'inquinamento prodotto da questo impianto industriale. Quella scritta è stata una delle prime cose che ho visto quando sono arrivato a Taranto per fotografare, e fin da subito mi ha restituito un'immagine di sintesi di qual è oggi il rapporto tra la città e l'Ilva.
Questa impressione mi è stata confermata successivamente nelle conversazioni avute con gli abitanti di Taranto: l'inquinamento a cui è stata sottoposta questa città per decenni, e a cui continua ad essere soggetta, ha portato ad una condizione "senza avvenire" se non si cambia drasticamente rotta e se non lo si fa immediatamente, sfuggendo all’abbraccio mortale per cui l’industria siderurgica da un lato sostiene economicamente la città garantendo occupazione su larga scala, dall’altro avvelena il territorio ed i suoi abitanti.
Nel luglio del 2012 la magistratura ha stabilito che l'attività dell'Ilva era responsabile di inquinamento e dunque ha predisposto il sequestro di una parte dei suoi impianti. A seguito di ciò la città ha incominciato a prendere coscienza della situazione e ad essere percorsa da un movimento di protesta, rimanendo a lungo al centro della cronaca e del dibattito politico.
Questioni fondamentali quali la salute, il lavoro, l'ambiente, l'economia sono concentrate e drammaticamente contrapposte in questa città del sud italia, e a Taranto qualsiasi aspetto della città è coinvolto in questa vicenda.
La "questione Taranto" non riguarda solamente l'Ilva e non riguarda solo i quartieri più vicini ad essa. E’ tutta la città ad esserne coinvolta in una questione che riguarda, e lo fa da 50 anni, le conseguenze sulla salute degli abitanti, le scelte di tipo economico e produttivo, i risvolti occupazionali, il danno ambientale.
Parlare di Taranto è parlare del: quartiere Tamburi, il più drammaticamente colpito a livello di inquinamento e di danni alla salute degli abitanti, con le sue case dipinte di rosso per rendere meno evidente il colore dei minerali che su di esse, e nei polmoni dei suoi abitanti, si depositano; del cimitero di San Brunone, addossato all'Ilva, in cui sono visibili le tracce dei depositi di ferro e carbone che si diffondono nell'area circostante; dell’ area industriale che comprende anche l'Eni e un cementificio, responsabili ugualmente di una parte dei problemi di inquinamento; delle campagne intorno alla città, in particolare verso Statte, compromesse dalla diossina, in particolare per gli allevamenti di ovini e caprini, di cui si è reso necessario l'abbattimento e il divieto entro una certa area; del mare di Taranto, la sua bellezza e ricchezza come attività di pesca, ma anche i danni che ha subìto dall'inquinamento dato dai residui della produzione gettati nelle acque; del centro storico di Taranto, l'isola, i molti suoi palazzi in stato di abbandono anche a causa della crisi dell'attività dei pescatori; della parte più nuova della città; dell'area della Marina militare.
Parlare di Taranto.
Di quello che c'è oggi in questa città, dello skyline industriale che Taranto offre alla vista di chi arriva e di chi ci vive, e di quello che è stato sacrificato sull'altare di un certo tipo di industrializzazione che qui è stata onnicomprensiva e capace di sopraffare quasi qualsiasi altro tipo di attività. Industrializzazione fatta passare per "vocazione" della città, che ha avuto in realtà ben altro tipo di vocazioni messe da parte: il mare, da cui ci si è sempre più allontanati, in particolare come attività produttiva; il turismo e la ricchezza storica e culturale della capitale della magna grecia, che è diventata una opzione quasi impossibile da praticare; la campagna, che ha subito gravi danni e che dunque viene abbandonata.
In particolare parlare di Taranto all'ombra delle ciminiere dell'Ilva, che sono quasi sempre presenti e più o meno visibili in queste fotografie.

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Publications:
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